Chi ci conosce sa bene che abbiamo un debole per i giovani pieni di sogni e voglia di cambiare il mondo, per coloro che non hanno problemi a sedersi al fianco degli ultimi per ascoltare la loro storia, per coloro che vogliono aggiungere la loro goccia al mare della solidarietà.
Isabel, Alberto e Manuel, neolaureati in medicina all’Università di Bologna, si sono offerti alla nostra Associazione per vivere una esperienza di volontariato come medici nella Comunità indigena zoque e noi non abbiamo potuto fare altro che rispondere alle loro motivazioni con un bel “sì”.
Sentieri del Mondo ha organizzato la loro accoglienza, ha preparato la documentazione per introdurli in questa realtà particolare come può essere una comunità indigena sulle montagne del Chiapas (Messico) facendo sinergia con il Comune di Ocotepec, li ha fatti affiancare dai suoi referenti con studi in ambiti medici per facilitare l’integrazione e la comunicazione (vi ricordo che da queste parti, grazie al Cielo, si parlano ancora lingue preispaniche), ha preparato i permessi per poter prestare servizio all’interno del piccolo ospedale cittadino e il resto è stato fatto da questi 3 fantastici ragazzi.
Bravi ragazzi e ancora grazie per quello che avete fatto.
Come nasce la vostra collaborazione con “Sentieri del mondo”? Conoscevate questa realtà o è stata l’Università a mettervi in contatto con tale Onlus? Era la prima volta che vi recavate in quella zona del Messico?
No, in realtà uno di noi, Manuel, aveva partecipato ad un viaggio solidale organizzato da “Sentieri del Mondo” in Chiapas nel 2013 e da allora è rimasto in contatto con Francesco ed Emelia. Non appena ci siamo abilitati abbiamo chiesto a Francesco se c’era la possibilità di organizzare un periodo di volontariato medico ad Ocotepec e lui ed Emelia si sono mostrati da subito molto entusiasti e disponibili.
Potete brevemente, presentarvi ai lettori appassionati di turismo solidale e non solo, che leggeranno la vostra intervista?
Certo, volentieri. Ci siamo laureati nel 2018 presso l’Università di Bologna, città in cui ci siamo conosciuti. Alberto ed Isabel sono emiliani, mentre Manuel è di Campobasso. Al momento lavoriamo come medici generali chi a Modena, chi a Bologna, ma la nostra idea è quella di fare a breve il test di specializzazione. Manuel vorrebbe entrare l’anno prossimo nella scuola di neurochirurgia, Alberto in quella di medicina interna ed Isabel in quella di endocrinologia. Per descriverci potremmo dire che siamo persone molto tranquille e giocherellone, e ciò che ci unisce al di là della passione per la medicina è la forte amicizia che c’è tra noi.
Quale situazione sanitaria avete trovato in Chiapas? E nelle strutture sanitarie dove avete lavorato? Eravate attivi in ospedali o in altri tipi di presidi? Di cosa vi occupavate in particolare?
Il Chiapas è lo Stato più povero del Messico e questo si riflette fortemente nella qualità dell’assistenza offerta dal sistema sanitario nazionale. Purtroppo le lacune si accentuano nelle comunità indigene rurali, nelle quali c’è carenza sia di personale medico sia di farmaci e strumenti. A Ocotepec, il paesino in cui abbiamo lavorato, il nostro ruolo era quello di fornire assistenza primaria, lavorando per tre giorni a settimana in ospedale. Si tratta di una nuova struttura inaugurata da circa un anno, ben dotata a livello di attrezzature, ma molto carente dal punto di vista del personale adatto a gestirle. Ad esempio, è presente una piccola sala operatoria ma non i chirurghi e gli anestesisti per poterla utilizzare, e ci sono una sala raggi ed un ecografo ma mancano completamente i tecnici di radiologia ed i radiologi. In definitiva, quello che si riesce ad offrire, è un’assistenza di medicina generale e di primo soccorso.
Nei rimanenti due giorni a settimana ci recavamo nel piccolo ambulatorio di Plan de Ocotal, una piccolissima comunità rurale indigena piuttosto isolata e difficile da raggiungere con i mezzi, a causa delle condizioni precarie della strada. Qui eravamo gli unici medici ad operare, poiché da mesi è presente solo un’infermiera nel presidio. Questo si rifletteva anche nel tipo di lavoro che ci siamo trovati ad affrontare. Abbiamo visto numerosi casi di malattie croniche, molto spesso fortemente invalidanti, non trattate poiché la popolazione ha difficoltà sia economiche che logistiche a raggiungere l’ospedale di Ocotepec (il più vicino) e gli altri ospedali forniti anche di assistenza specialistica. Inoltre le condizioni igieniche delle comunità rurali sono peggiori rispetto a quelle di Ocotepec; qui la maggior parte delle abitazioni sono in legno e la stragrande maggioranza delle persone non ha possibilità di utilizzare acqua potabile e fornelli a gas, dovendo quindi cucinare utilizzando il fuoco con le relative problematiche respiratorie conseguenti.
Che cosa avete imparato da questa esperienza? Professionalmente ed umanamente?
Ci siamo resi conto di quanto il contesto sociale, culturale ed economico influisca direttamente sulla salute delle persone. Dal punto di vista professionale ad esempio ci siamo resi conto di quanto drammatiche possano essere le conseguenze della carenza di norme igieniche adeguate nella vita di tutti i giorni degli abitanti meno abbienti. Abbiamo anche colto l’importanza di altre iniziative di “Sentieri Del Mondo”, come quella di educazione sanitaria, portate avanti da membri dell’associazione che vivono a Ocotepec. A questo proposito, da un punto di vista umano, i membri dell’associazione nativi del villaggio ci hanno insegnato molto. Poiché ci hanno mostrato che non bisogna rassegnarsi allo stato di cose presenti ma si deve sempre avere la forza di voler cambiare le cose per amore della nostra terra e dei nostri cari, anche se a volte può sembrare folle e fuori contesto. Loro si spendono con tutti loro stessi per migliorare le condizioni generali del villaggio, aiutare i loro concittadini più in difficoltà e lo fanno partendo da fatti, piccoli fatti ma quotidiani, e fortemente calati nelle esigenze del contesto. Forse la cosa più importante che abbiamo notato e che vorremmo ci rimanesse è la capacità che avevano di guardare lontano, sognare tempi migliori, praticando il cambiamento attraverso i gesti quotidiani e le scelte di vita.
Avete mai lavorato in case private? Come trascorrevate il vostro tempo libero (se ne avevate)?
Abbiamo fatto alcune visite mediche a domicilio, soprattutto anche perché i membri dell’associazione conoscono bene le condizioni di maggiore difficoltà e ci hanno portato lì dove c’era vera necessità. Vedere dal vivo alcune abitazioni ci ha fatto capire quanto sia difficile intervenire su alcuni fattori di rischio; ad esempio, le donne sono particolarmente suscettibili a patologie respiratorie e questo accade perché sono costantemente esposte al fumo, per la loro abitudine ad accendere il fuoco e cucinare in stanze molto piccole e poco arieggiate.
Trascorrevamo gran parte del nostro tempo libero con la famiglia che ci ha ospitato oppure visitando i dintorni di Ocotepec, in particolare cascate, grotte e altre mete naturalistiche davvero suggestive.
Da buoni italioti ci siamo anche sbizzarriti a cucinare per la famiglia ed i membri dell’associazione: pizze e lasagne non potevano mancare!
Come questa esperienza influirà sul vostro futuro come medici e come persone?
E’ difficile fare previsioni! Di certo quest’avventura è stata molto importante per noi. Quando si prende consapevolezza piena di una situazione che prima si conosceva solo in parte o non si conosceva proprio, ci si comporta sempre di conseguenza. Noi abbiamo conosciuto la povertà, e le sue feroci conseguenze, prodotta dal razzismo nei confronti degli indigeni, da un sistema economico iniquo e da una macchina amministrativa corrotta fino al midollo. Eravamo chiaramente a conoscenza di tali problematiche, ma vedere e toccare, come clinicamente siamo portati a fare nel nostro lavoro, i diretti risultati che esse provocano è certamente un aspetto che contribuirà molto nella determinazione delle nostre scelte future.